Il libro L’età incerta. I nuovi adolescenti è uscito vent’anni fa e nel frattempo molte cose sono cambiate. La diffusione dei giochi multiplayer, dei cellulari, degli smartphone, l’uso delle chat, di Skipe, di Instagram, di Selfie, le connessioni in Streaming, i gruppi di WhattsApp, e altro ancora hanno dislocato molte interazioni dallo spazio reale a quello virtuale. Una transumanza che sino a poco tempo fa ha destato ansie e timori, colpevolizzato i ragazzi, introdotto mille dispositivi di blocco e d’intercettazione sui loro dispositivi. Sembrava che la Rete dovesse inghiottire una generazione in un gorgo senza fondo. Matteo Lancini, nel libro Il ritiro sociale negli adolescenti.
La solitudine di una generazione iperconnessa, giunge ad affermare: “A un certo punto, pure l’assenza delle relazioni virtuali è diventata segnale di disagio…”. Ora, la chiusura delle scuole e il trasferimento delle lezioni online, ha provocato un esito imprevisto e imprevedibile: la legalizzazione della Rete, la promozione delle connessioni, lo “sdoganamento” dello spazio virtuale. Era quello che gli internauti si aspettavano e che, di riflesso, si estendono a tutte le interconnessioni, ai contatti non istituzionali, alle comunicazioni private, ai messaggi segreti, sino a pochi giorni fa condannati come impropri, pericolosi, trasgressivi, nocivi, patologici. Il ritornello “sempre connessi e sempre soli” non vale più da quando sono sì collegati ma non certo soli avendo accanto, da mane a sera, più o meno numerosi familiari.
Alla “boccata d’aria” che non si nega neppure agli ergastolani, corrisponde ora il permesso di ritirarsi in una zona riservata, come la cameretta o il gabinetto, per isolarsi dalla “pazza folla” costituita dai familiari incombenti. Quello che a noi sembra clausura, per loro è una conquista di libertà. Non stupiamoci quindi che i genitori li riconoscano migliori del previsto: più tranquilli, tolleranti, premurosi e gentili di quanto avrebbero mai potuto sperare. E’ vero che come tutti sono in gabbia ma altrove possono volare. Nel frattempo molti genitori si rallegrano di avere i figli accanto come non era mai accaduto prima, e di riuscire finalmente a parlare e a conoscersi. La fretta è stata sostituita dalla pazienza, le minacce e le esortazioni dall’ascolto. Ci saranno ancora nonni per questa generazione di nipoti?
I grandi vecchi ci stanno lasciando senza che i figli li possano abbracciare, i familiari salutare, la comunità celebrare. La quarantena ci impedisce di compiere i rituali del cordoglio pubblico e la condivisione privata del dolore. Escono così in silenzio, dalle pagine della storia, coloro che hanno vissuto gli eventi più importanti della modernità: i totalitarismi, il razzismo, la Seconda guerra mondiale, il miracolo economico, l’urbanizzazione, l’industrializzazione e, da ultimo, il crollo del muro di Berlino, l’attacco alle Twin Towers, la crisi economica e infine questa terribile pandemia. Certo avrebbero avuto molte cose da dirci ma non li abbiamo ascoltati. Non c’era tempo. Altri obiettivi, altri appuntamenti ci attiravano lontano da loro: i soldi, la carriera, il successo. Ora siamo immobili nel tempo fermo e possiamo riconoscere le occasioni perdute.
Il “dopo” sarà diverso? Sapremo affermare i veri valori, darci tempo, riconoscere che nessuno si salva da solo e che abbiamo tutti bisogno degli altri? Saremo migliori? Non so, credo che non si cambi per necessità ma per intima convinzione.