Manifesto

ASSOCIAZIONE DONNE IN

Progetto realizzato con il contributo del Comune di Milano

La generazione delle donne di età “area 60” si sente confusa, piena di desideri, di preoccupazioni, di ansie, di paure, di entusiasmi.

* Forse anche altre generazioni prima di noi hanno vissuto l’avanzare della vecchiaia con sentimenti simili, ma per le “area 60”, figlie del “ baby boom”, non si tratta solo di vecchiaia , si tratta di “vuoto”. Un vuoto sociale e politico a cui non sono state abituate. * Insieme ai maschi della loro generazione sono state protagoniste di una gioventù che si è presa tutto lo spazio possibile ed in ogni ambito possibile perché i giovani diventassero protagonisti: a ciò le donne hanno aggiunto un protagonismo di genere che ha prodotto mutamenti sostanziali nel recente passato. * La sensazione che invecchiando debbano “abdicare” per essere risucchiate in modelli finora non condivisi, mette in risalto ora quello che le donne “area 60” NON vogliono essere.

Hanno vissuto in modo diverso dalle generazioni di donne che le hanno precedute.

* Hanno allevato i figli in un modo diverso, hanno amato diversamente, hanno lavorato in modo diverso e hanno creato le loro relazioni in un modo diverso. * Ora: i cambiamenti sono tanti, come le diverse situazioni che bisogna affrontare: positive e negative. Il vuoto sociale e politico non da cittadinanza al confrontarsi per affrontare comunque questa nuova fase della vita. * Non rientrano nei vecchi codici, anche per la diversità delle loro biografie (quante sono oggi le donne “area 60” single rispetto al passato?) e soprattutto non vogliono essere vissute e non si vivono come un “problema” legato solo all’età che avanza. * Come in passato, la richiesta delle donne «area 60» è di protagonismo rispetto ad un immaginario collettivo che le vorrebbe ora in un fase della vita senza obiettivi.

Si fatica ad individuare un percorso originale e consapevole.

* Si fatica ad individuare un percorso originale e consapevole che non le obblighi ad adottare modelli di vita e socialità finora non accettati. * Accanto ai mutamenti che la nuova età impone non ci si vuole sentire compresse e sconfitte, ma ancora capaci di esprimere quella femminilità lieve e gioiosa che ha contraddistinto la loro vita relazionale, pur nell’impegno, molto bene assolto, di saper badare a se stesse con consapevolezza. * Gli stereotipi sono molti e vanno superati: ma li hanno affrontati come donne giovani e sono da affrontare ben di più ora che sono donne “area 60”. È forte la distanza con le esperienze e il contesto di chi le ha precedute.

Una età da inventare

* Una età da inventare, come diceva già qualcuno? Forse, ma soprattutto un’età da vivere con un approccio consapevole e di libertà dai percorsi tracciati da chi ci ha preceduto e che non siamo più noi. * Ognuna ha fatto percorsi diversi, ma tutte sono unite dal bisogno di trovare risposte, indicazioni, comunanza, confronti.

Il 2012 “ Anno Europeo dell’invecchiamento attivo” ha sottolineato alcuni aspetti del problema: il veicolare energie non residuali degli anziani in attività utili/divertenti/stimolanti/salutiste, ma la lettura di genere di queste iniziative, che all’estero sono state molte, è rara.

* Le donne temono la solitudine, fanno i conti con un corpo ed una mente che cambiano, sono alla fine della vita lavorativa, sono abbandonate dalla politica che prima le ha volute protagoniste di lotte e di emancipazione, sono trascinate dal gorgo generalista della lotta alla gerontocrazia, anche se ne rappresentano una parte del tutto minimale, sono oggetto di studio sulla loro salute, sulle loro aspettative di vita in rapporto ai meno longevi maschi, sono tentate da interventi di ringiovanimento per stare al passo con il modello che trasmette questa società italiana, hanno figli lontani, hanno figli troppo adulti per stare ancora in casa con loro, non hanno fatto l’esperienza diretta della maternità o della convivenza, hanno vite di coppia dove devono farsi anche carico dell’invecchiamento dell’altro.

Hanno vissuto molto "tra amiche e amici".

* Hanno imparato cosa significa accoglimento dell’altro e condivisione, ma ora questo scambio affettivo non sembra bastare più a diradare l’ansia, a dare risposte alla domanda di serenità e di più allegria che viene avanti. * Prende forma una sorta di ambito comune in cui raccogliere alcuni temi condivisi da approfondire perché diventino lo spunto per un’azione: * Imparare nuove modalità di affrontare questa fase della vita senza chiudersi o rinchiudersi * Fare il punto su piccoli e grandi problemi * Condividere le criticità per non sentirsi sole e “strane” ed educarsi insieme per restare gradevoli per se stesse e per gli altri * Capire come e dove dare il tanto che ancora offrono, il tanto da imparare, da realizzare.

Si rendono conto che nell’immaginario collettivo ed a prescindere da qualunque ruolo lavorativo o sociale abbiano finora svolto

ora sono assenti dalla moda (o taglie minuscole in negozi trendy o abiti conformati in boutique tristi e costose) dai prodotti cosmetici (che garantiscono guerra ai segni dell’età solo fino a 50 anni, comprese le pubblicità per le tinture per capelli che hanno come testimonial giovani donne senza alcun capello bianco) dal sesso (descritto come miracolistico e stupefacente o peccaminoso e vizioso) dal ruolo di mamma che diventa solo di suocera o di nonna e per chi di loro non ha figli da ruoli familiari dove lo scambio affettivo cede il passo all’accudimento dai ruoli lavorativi anche se ora lavoreranno oltre i 65 anni dalla musica, dall’arte dalla tecnologia (c’è sempre una certa curiosità quando estraggono un IPAD o si dotano di un I Phone ultimo grido)

Ritrovare cittadinanza

Il fattore aggregante per le donne di 60 anni ed oltre, è l’età che sembra contemporaneamente disgregare il valore di ogni altra caratteristica identitaria, che invece per il nostro futuro benessere deve ritrovare una cittadinanza attraverso un agire nuovo…

Il Manifesto è parte della azioni del progetto

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