Diventare veramente sé stessi. Un’opportunità che ci offre la vecchiaia
Secondo Jullien ci sarebbero due fasi nella vita, non necessariamente legate all’età: una prima fase della vita, indotta dall’ ambiente che ci circonda e una seconda fase della vita, liberamente scelta. In questa seconda fase o seconda vita risiederebbe la possibilità di diventare davvero sé stessi.
La seconda vita è il momento in cui, avendo preso coscienza della propria morte e del tempo che resta da vivere, si decide di dare nuovo slancio alla propria esistenza. L’idea è che la vita è fatta di momenti di inaridimento, ma anche della capacità di superare questo inaridimento e di aprirsi ad una fase di sviluppo nuovo. È il momento iniziale in cui qualcosa si modifica in modo impercettibile, per poi rivelarsi. A questo punto ci sono quelli che si restano attaccati alla loro prima fase di vita,esaurendo così il loro slancio e quelli che superano questa tappa e si aprono ad una seconda vita.
All’inizio non dipende da noi entrare volontariamente in questa “seconda vita, solo successivamente è una scelta. All’inizio il processo prende avvio a nostra insaputa, si fa largo all’interno di noi e poi c’è un momento in cui se ne prende coscienza e si decide o meno se accogliere questa opportunità e aprirsi a questa nuova fase della vita e farla diventare un momento cruciale, una svolta. È un progressivo processo di scelta, durante il quale ci si chiede: quello che faccio e quello su cui sto investendo è utile? È fecondo?
La seconda vita comincia nel momento in cui comincia la libertà. All’inizio della vita non siamo liberi ma condizionati: si pensa di avere fatto delle scelte, ma in verità molto è stato scelto o meglio configurato da altri: educazione, ambiente, genitori, primo lavoro.
La seconda vita è possibile nel momento in cui si comincia ad essere liberi in modo concreto: dal momento in cui abbiamo fatto esperienze diverse, possiamo fare paragoni e bilanci. Abbiamo la libertà di interrogarci su ciò di cui siamo stati portatori e su ciò che è stato utile. Lo sguardo retrospettivo sulla propria vita permette di poter cominciare a scegliere di disinvestire o di chiudere con certe cose e di investire in altre e in altre direzioni. Si tratta di un nuovo rapporto con sé stessi, con il mondo e con gli altri. E ‘a questo punto che parte davvero la mia vita, su mia iniziativa.
Non si tratta di una questione di età: si può arrivare anche a 20 anni alla propria seconda vita e invece non cominciarla mai. In genere è vero che è intorno ai 40 anni che si compiono dei cambiamenti, quando vengono a mancare i genitori, ma la seconda vita non è collegata ad un’età in particolare.
Ciò che è determinante è il rapporto con la morte: ci sono due età nella vita, un’età in cui la morte è la morte degli altri, quella che Spinoza chiama la “experientia vaga” e un’età in cui si pensa alla propria morte. E questo cambia tutto, Quando si fa propria l’idea della nostra morte, allora è possibile un presente più autentico e solido.
Il grande problema della vita è che non si può vivere che il presente, ma il presente non è l’esistenza. Si tratta di un vecchio tema che risale ai filosofi greci. Come dice Sant’Agostino, il futuro non è ancora, il passato non è più e il presente è solo il momento di passaggio del futuro nel passato. Il presente è solo un punto, non ha estensione, non ha esistenza. Come si può vivere il presente se ci sfugge? È il paradosso della vita. Il presente arriva con la seconda vita, perché abbiamo messo in luce la nostra morte.
Quando si ha preso coscienza di ciò, che esiste un termine, allora tra questo termine e l’adesso, si disegna un presente vero e ci si può intimare: “Cosa ne faccio?”, Questa presa di coscienza si fa più o meno tardi e la seconda vita può cominciare a qualunque età.
La presa di coscienza della propria morte comporta la necessità di superare l’angoscia che l’accompagna. Si tratta di prendere una decisione personale: Non penso al futuro, oppure ci penso e lo guardo in faccia: come dice La Rochefoucald “il sole e la morte non si possono fissare a lungo”. La seconda vita è questa e cioè sappiamo che c’è una scadenza. E quando lo capiamo davvero l’angoscia scompare. Da quel momento si capisce ciò che è il meccanismo della vita e che bisogna lasciare il posto…e l’angoscia scompare.Fa la sua apparizione invece l’urgenza: che fare del tempo che resta? E questo è un pensiero che non provoca angoscia bensì la possibilità di mobilizzarsi.